Andrea: oltre il pantalone rosa
Andrea: oltre il pantalone rosa

Un’indagine accurata nel mondo oscuro del bullismo e cyberbullismo.

Era un’adolescente di soli 15 anni, Andrea Spezzacatena, quando il 20 novembre del 2012 ha deciso di togliersi la vita. Andrea non riusciva più a sostenere il gravoso peso dei pregiudizi, delle umiliazioni e degli insulti che hanno costellato la sua esistenza fino al giorno in cui ha deciso di porre fine a quell’inspiegabile sofferenza.

Tutto ebbe inizio da un banalissimo errore domestico di mamma Teresa: una lavatrice sbagliata. I pantaloni rossi di Andrea, si scoloriscono e diventano rosa. Andrea decide di indossarli ugualmente per andare a scuola. Da quel momento, divenne becero oggetto di scherno e umiliazioni sino al punto dell’apertura di una pagina facebook denominata “Il ragazzo dai pantaloni rosa”.

Andrea è costretto a subire vessazioni omofobe dai bulli che popolano la scuola e che lo trascinano in un devastante vortice di solitudine e di emarginazione sociale e anche dentro le mura di casa è costretto a leggere cascate di insulti e offese che lo portano ad una profondissima sofferenza.

Il ragazzo che dapprima era un eccellente studente con ottimi voti inizia ad avere un declino nella sua carriera scolastica che giustifica alla mamma con un semplice rifiuto da parte di una ragazza di cui si era innamorato.

Andrea, però, sino al suo ultimo giorno di vita ha cercato di proteggere la sua famiglia soffrendo in silenzio e con il suo sorriso; per questo motivo nessuno di loro ha mai sospettato nulla.

Non ha lasciato un biglietto, non ha dato spiegazioni.

Queste le parole di mamma Teresa, che ha appreso solo dopo la sua morte il perché della dolorosa scelta di Andrea: “Non un avvisaglia di disagio così grave da lasciare trapelare una sua pur minima intenzione. […] Eppure, quella sera, in quell'abbraccio, aveva messo tutto sé stesso. Fu così stretto da sembrarmi strano. Lo stesso fece col fratello Daniele mentre io rimasi immobile a guardare. Poi quel suo sorriso mi ammaliò e voltai pensiero, come si fa con la pagina di un libro. Io guardavo avanti mentre lui si era perso indietro; questo è. Penso pure che non lasciò un biglietto di proposito. In fondo, che volesse bene a tutti, si sapeva. Ma ha costretto tutti ad un punto di domanda.

Il pregiudizio ha avuto un peso, il silenzio ha fatto il resto”.

La tragica storia di Andrea Spezzacatena rappresenta il primo caso di cyberbullismo in Italia che ha condotto al suicidio di un minore.

Il cyberbullismo è una forma di bullismo che avviene attraverso l'uso delle tecnologie digitali, come internet, social media, messaggistica istantanea, e-mail e altre piattaforme online; implica l'uso di questi strumenti per molestare, intimidire o danneggiare una persona in modo intenzionale e ripetuto.

Alcuni esempi di cyberbullismo includono:

  1. Insulti online;
  2. Diffusione di voci false;
  3. Esclusione sociale;
  4. Impersonificazione: ossia fingersi un’altra persona online per inviare messaggi dannosi o creare conflitti;
  5. Condivisione non consensuale di immagini;
  6. Doxing: la pubblicazione online di informazioni personali, come l'indirizzo o il numero di telefono, per danneggiare o molestare una persona.

Il cyberbullismo può avere gravissime conseguenze per la vittima tra cui: stress, ansia, depressione, e nei casi più estremi anche pensieri suicidi. Inoltre, può essere difficile da fermare perché avviene in un ambiente virtuale che permette l'anonimato e può essere difficile da monitorare.

La legge 71/2017, entrata in vigore il 18 giugno 2017, è la normativa italiana dedicata alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo, con particolare attenzione alla tutela dei minori.

Questa legge introduce per la prima volta una definizione giuridica di cyberbullismo come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Teresa Manes, dalla morte del figlio ha messo in moto una campagna di sensibilizzazione raccontando la storia di Andrea, sia nelle scuole sia nelle comunità di giovanissimi con l’intento di educare all’empatia e all’ascolto non solo gli adolescenti ma anche i genitori e gli insegnanti. Non ha mai smesso di dare voce ad Andrea sino alla pubblicazione di un libro e alla partecipazione alle riprese del film “il ragazzo dai pantaloni rosa” uscito nelle sale lo scorso 7 novembre, affinché il sacrificio del figlio non fosse vano.

Appresa la notizia della morte di mio figlio, ricordo che ero in casa quando strappai da un quaderno il pezzetto di un foglio.

Di getto, scrissi queste tre cose:

L' ha fatto in casa, mettendosi comodo, in pigiama.

L' ha fatto in una giornata di sole.

Ha usato la mia sciarpa.

Credo che nella scelta della sciarpa sia racchiusa la sua volontà a che lo accompagnassi in quella decisione folle, quasi a dargli forza in un intento che altrimenti, probabilmente, non avrebbe avuto. Ci sono mamme che stringono tra le mani un rosario e pregano, dopo un fatto doloroso. Io, invece, stringevo tra le mie quel pizzino di cui spesso ne rileggevo il contenuto. Avevo necessità di aggrapparmi a qualcosa che mi desse fiato. Sentivo la mia ragione vacillare e non esisteva che questa cosa potesse accadere.

Dovevo restare in piedi per amore di Andrea.

Perché dessi corpo alla sua voce in modo da dire a tutti che il bullismo fa schifo”.

Se tu, in prima persona, o una persona vicina a te è vittima di bullismo o cyberbullismo, contattaci. Insieme alle autorità competenti, possiamo aiutarti.


MeA Forense

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